martedì 7 agosto 2012

Londra 2012: il bello e il brutto dei Giochi



Niccolò Campriani
Alex Schwazer


Un simpatico tweet postato da un'internauta dopo il trionfo italiano nella prima giornata delle Olimpiadi recitava: "Pistola, arco, fioretto, occhio agli italiani!". Dopo undici giorni di gare possiamo ribadirlo forte e chiaro. Gli sport di precisione e abilità ci stanno dando una grossa mano in questa competizione e non a caso gli ori provengono da queste discipline. Ci siamo momentaneamente lasciati con lo splendido score di 99/100 di Jessica Rossi nel tiro a volo specialità trap, ci ritroviamo con qualche medaglia in più a quota 17. La grande affermazione del fioretto a squadre maschile con il gradino più alto del podio conquistato da Cassarà, Baldini, Avola e Aspromonte contro il temibile team giapponese, la splendida performance di Niccolò Campriani nella carabina 50 metri con la conquista dell'oro dopo aver già vinto un argento nella carabina 10 metri, l'ottimo secondo posto che con un pizzico di fortuna poteva essere primo di Massimo Fabbrizi nella stessa specialità di Jessica Rossi, la famosa "fossa", battuto dal croato Cernogoraz per il rotto della cuffia e infine la provvisoria ultima medaglia ottenuta agli anelli da Matteo Morandi, erede di Yuri Chechi in una specialità che nel passato ci ha fatto sognare. Questo è il bello dell'Italia ai Giochi. Ma c'è anche il lato B, l'altra faccia della medaglia, quella oscura che non avremmo mai voluto intravedere. L'ombra del doping purtroppo si è abbattuta su un nostro ragazzo, un valido atleta, forte anzi fortissimo quattro anni fa a Pechino nella conquista dell'oro nei 50 chilometri della marcia, ma debole, ingenuo e antisportivo nel tentativo di alterare le proprie prestazioni al fine di vincere a tutti i costi. Non aveva bisogno di questo Alex Schwazer, caduto nella trappola dei controlli antidoping e risultato positivo all'Epo. Il Coni non ha esitato a fermarlo, non ha aspettato nemmeno l'esito delle controanalisi, pura formalità per un'atleta che ha avuto almeno il coraggio di ammettere di aver sbagliato, di aver macchiato in maniera indelebile la sua immagine, di aver posto al momento fine alla sua carriera. Auguriamoci che possa riflettere in piena autonomia sui propri errori, sbagliare è umano, perseverare nell'errore sarebbe però diabolico. Speriamo che sia stato solo un attimo di debolezza, quella strana sensazione di non riuscire a farcela, di non essere più competitivi, quella perdita momentanea dei valori dello sport che prendono forma nella vittoria, nella sconfitta ma soprattuttonel rispetto di sè stessi, nel riconoscimento dei propri limiti e nel rispetto degli avversari.


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